Al lettore
Il presente articolo è un estratto, interamente rielaborato, di Hypnos e Oneiros, pubblicato nel 1997 dall’Associazione Culturale SOURCE quale inserto del n° 6 della rivista KAIRÓS. Qualche nota relativa a Ian Oswald e Michel Jouvet potrebbe essere inesatta, poiché mi è stato impossibile effettuare le dovute verifiche non disponendo più dei loro testi. Me ne scuso.
R.Steiner: “Se si vuole lavorare al progresso della vita spirituale bisogna conoscere ciò che oggi ci rivelano l’anatomia materialistica, la fisiologia materialistica, la biologia materialistica, la sociologia. E’ necessario approfondire ciò che si apprende in questo modo, proprio per ricavare, da tale sapere, la capacità di convertire in conoscenza spirituale la conoscenza materialistica, il modo materialistico di pensare e di ragionare” (Contraddizioni nell’evoluzione dell’umanità. Occidente e Oriente – materialismo e misticismo – conoscenza e fede – Antroposofica, Milano 2015, p. 100).
Nel suo Dizionario di Psicologia, Arthur S.Reber spiega che il sonno è “uno stato psicofisico caratterizzato, fondamentalmente, da una particolare perdita di coscienza, accompagnata da una serie di effetti compartimentali e neurofisiologici. Attualmente, il sonno e le diverse fasi in cui si divide sono definiti e caratterizzati da particolari eventi fisiologici, da un’attività elettroencefalografica specifica, da modificazioni specifiche del metabolismo, del tono muscolare, della frequenza cardiaca e respiratoria e dalla presenza o meno di movimenti oculari rapidi (REM, dall’inglese rapid eye movements)” (1).
Nel sonno, si distinguono dunque le fasi REM, con sogni, dalle fasi non-REM, senza sogni.
(Questa distinzione è stata proposta per la prima volta da Nathaniel Kleitman e William Dement nel 1953.)
Ma per quale motivo ci si addormenta? In campo neurofisiologico prevalgono, al riguardo, due opposte teorie: una detta “passiva”, l’altra “attiva”.
Per la prima, il sonno sarebbe prodotto dalla diminuzione degli impulsi che giungono alla corteccia cerebrale dai recettori afferenti; per la seconda, sarebbe invece prodotto da un’attività inibitrice esercitata da alcune strutture cerebrali sul sistema reticolare attivatore ascendente.
Come si vede, entrambe spiegano in realtà il come, non il perché del sonno.
La prima non spiega infatti il perché possa capitare di addormentarsi anche mentre si assiste a uno spettacolo, quando non vi è perciò alcuna “diminuzione degli impulsi afferenti”, mentre la seconda non spiega il perché le forze “inibitrici” possano entrare in azione anche nostro malgrado.
(“La verità non sta nel fatto che si dorma perché si è stanchi, bensì nel fatto che veglia e sonno sono processi vitali ritmici, per cui quando sopraggiunge il momento del sonno, la necessità di dormire, allora si diviene stanchi. Siamo stanchi perché dobbiamo dormire, ma non è vero che dormiamo perché siamo stanchi” [2].)
Afferma Ian Oswald: “I fisiologi moderni sono in grado di spiegarci perché sudiamo, respiriamo o eliminiamo l’urina, ma non sanno dirci perché dobbiamo dormire” (3).
Fatto si è ch’è possibile comprendere l’uomo che dorme solo se si comprende l’uomo che veglia (nonché l’uomo che sogna e quello che muore).
L’antroposofia, a differenza dell’odierna antropologia, che a forza di parlare dell’uomo come di un “animale intelligente” si è resa sempre più animale (zoologia) e sempre meno intelligente, insegna che l’uomo è un Io (uno spirito) che dispone sulla Terra di tre arti: di un corpo fisico (anatomico o minerale); di un corpo eterico (fisiologico o vegetale); di un corpo astrale (psichico o animale).
Gli stati di veglia e di sonno (nonché di sogno e di morte) variano tra loro al variare dei rapporti che intercorrono tra questi arti. Nello stato di veglia, l’Io è unito al corpo astrale, al corpo eterico e al corpo fisico; in quello di sonno l’Io e il corpo astrale sono invece separati dal corpo eterico e dal corpo fisico.
Scrive Steiner: “Perché il sonno senza sogni possa verificarsi occorre che il corpo astrale si ritragga dal corpo eterico e da quello fisico. Durante lo stato di sogno esso è separato dal corpo fisico in modo da non aver più rapporti con gli organi dei sensi; conserva però un certo rapporto col corpo eterico. Il percepire in forma di immagini i processi del corpo astrale deriva da questa sua unione col corpo eterico” (4).
Nello stato di sogno, possiamo dunque osservare l’attività che svolgiamo, in modo del tutto inconscio, durante il sonno.
“Coscienza e veglia – dice ancora Oswald – non sono sinonimi […] Probabilmente, come è oggi opinione diffusa, la vita mentale non è confinata ai periodi REM, di cui sono caratteristici i sogni avventurosi e fantastici, ma si estende a tutta la durata del sonno” (5).
(“Per la scienza occulta non esiste l’“incoscienza”; esistono solo gradi differenti di coscienza. Tutto è cosciente nel mondo” [6].)
Avendo osservato che la talpa non ha occhi eppure sogna, che sogna pure la civetta che, avendo gli occhi immobili, può muovere soltanto la testa, e che nell’animale sveglio “il segnale retinico del bersaglio dell’attenzione arriva ai centri visivi prima che scatti il movimento oculare di inseguimento”, mentre in quello che dorme e che sogna “l’inizio del movimento oculare precede o coincide con l’arrivo del segnale endogeno non retinico (attività ponto-genicolo-occipitale) al livello della corteccia” (7), Michel Jouvet scrive: “Sembrerebbe dunque impossibile, a meno di cambiare la freccia del tempo, che l’effetto (il movimento oculare d’inseguimento) preceda la causa (cioè l’“allucinazione” provocata dall’informazione PGO a livello della corteccia visiva). Si è dunque obbligati ad ammettere che il generatore mette contemporaneamente in gioco l’inseguimento oculare e i segnali visivi endogeni: il motorio prima del sensoriale. Mentre avviene sicuramente il contrario nel corso del risveglio. Questa constatazione costringe ad ammettere che esiste da qualche parte un sistema sconosciuto che integra questi dati con differenti latenze. In ciò consiste tutto il problema dei rapporti tra i movimenti oculari, nel corso del sogno, e la scena onirica nell’uomo, problema ancora lontano dalla soluzione” (8).
(Anche “i ciechi – dice Oswald – sognano. Ovviamente nel sogno non vedono poiché questa è una sensazione che non conoscono (provate a spiegare a un cieco il colore rosso). Nei sogni, come nelle vita reale, incontrano persone, parlano, ascoltano, percepiscono odori e si muovono. Ma non vedono” [9]; e Jouvet aggiunge che i ciechi-nati possono sognare “in musica” mentre i sordomuti, durante il sonno, avendo probabilmente sogni con immagini, portano le mani fuori dalle coperte e muovono le dita come se parlassero” [10].)
I movimenti oculari non sono dunque effetto della presenza del sogno (del sensorio), bensì coincidono, se non addirittura precedono tale presenza (il motorio coincide col sensorio, se non addirittura lo precede).
Precisa Jouvet: “L’inizio del movimento oculare (lo si può individuare molto esattamente dai potenziali di azione al livello dei nuclei oculomotori) precede di 15-20 millesimi di secondo l’arrivo dell’informazione PGO nel corpo genicolato laterale, e di 20-25 millesimi di secondo l’inizio di un’attività PGO nella corteccia occipitale” (11).
Questo dato non sorprende quanti conoscono la scienza dello spirito, poiché questa insegna che quelli che si credono nervi “motori” non sono in realtà che nervi “sensori” deputati a fornire non il moto, ma la coscienza del moto (il nervo sa, a posteriori, ciò che il sangue fa, a priori ) (12).
Jouvet preferisce parlare di “sonno-paradosso” anziché di “sogno”. Perché? Perché quello del sogno, anziché rivelarsi (come ci si aspetterebbe) uno stato che protegge o custodisce il sonno, si rivela uno stato che, comportando un notevole dispendio di energia, disturba il sonno (durante il sogno, spiega, si verificano un’accelerazione dell’attività elettrica corticale, un aumento del consumo di glucosio della corteccia visiva, una diminuzione prima e un aumento poi della temperatura cerebrale e un aumento dell’attività del sistema piramidale e del generatore onirico ponto-bulbare) (13).
(“Anche se nel sonno il corpo astrale non ha rappresentazioni, anche se non prova piacere e dolore, esso non rimane inattivo; anzi proprio nel sonno lo attende un’attività intensa […] Durante la veglia il corpo astrale lavora nell’interno del corpo fisico; durante il sonno lavora su di esso dal di fuori” [14].)
Se il sogno non protegge o non custodisce il sonno, quale funzione svolge allora?
Si tratta di un enigma, afferma Jouvet, che nessuno è riuscito finora a risolvere. “Il grande problema dell’attività onirica – scrive – è che noi non possiamo attribuirle una funzione”; i fisiologi si sentono “vedovi di una funzione” (15).
Ma se osservassero il fenomeno alla luce della scienza dello spirito, non si sentirebbero più “vedovi di una funzione” biologica, bensì “coniugati” con una funzione spirituale.
In quanto finestra aperta sul mondo spirituale, il sogno ha la funzione di mantenere un vivo e sottile legame con quel mondo del quale, allo stato ordinario di veglia, non abbiamo ormai più coscienza. “Questa vita onirica – afferma Steiner – che può avere così poca importanza per la immediata verità del giorno quotidiano ha però, tanto per la più profonda conoscenza del mondo, quanto per quella dell’uomo, massima importanza; e non soltanto per il fatto che nella scienza dello spirito, di cui qui si tratta, l’importanza di questo sogno deve essere pienamente valutata, perché dalla osservazione del sogno si possa passare a molte altre cose, ma questa vita onirica ha anche una specialissima importanza in quanto rappresenta, per così dire, lo spiraglio attraverso il quale certi altri mondi, diversi da quelli che l’uomo sperimenta da desto, possono trasparire in questo mondo ordinario” (16).
(Ricordiamo, per fare un solo esempio, la testimonianza del “trasparire” nel sogno di “certi altri mondi” data dal grande compositore austriaco Anton Bruckner [1824-1896]. Riferendosi al tema iniziale della sua celebre settima sinfonia, scrisse: “Non è idea mia. Una notte mi apparve Dorn (violinista di Linz) e mi dettò il tema. “Stai attento – mi disse – questo farà la tua fortuna”” [17].)
Abbiamo detto che il sogno nasce quando le attività dell’Io e del corpo astrale non si manifestano, come durante la veglia, mediante il corpo fisico, ma si riflettono nel corpo eterico. “Bisogna ancora insistere sul fatto – dice Jouvet – che il sogno si accompagna a un’atonia posturale totale. E’ questo il motivo per cui il sonnambulismo non appartiene al quadro dell’attività onirica, ma rappresenta una veglia incompleta” (18).
L’“atonia posturale totale” che accompagna il sonno è conseguenza del fatto che il corpo astrale, avente la medesima natura degli “Spiriti del movimento” (Dynàmeis), si è allontanato (unitamente all’Io) dal corpo eterico e da quello fisico.
Quando l’Io e il corpo astrale sono separati dal corpo fisico e da quello eterico (sonno non REM), si rilevano una netta riduzione dell’attività degli organi di senso e un rilassamento muscolare o un’atonia posturale totale. Quando sono invece separati dal corpo fisico, ma non da quello eterico (sonno REM), si rilevano un’accelerazione dell’attività elettrica corticale (connessa con quella dell’etere della luce), delle variazioni della temperatura cerebrale (connessa con l’etere del calore) e un aumento del consumo di glucosio nella corteccia visiva (connesso con l’etere chimico o del suono).
La durata di ogni fase di sogno – precisa Oswald – “è di 20 minuti. Queste fasi sopraggiungono ogni 90 minuti e sono separate dal sonno a onde lente. Così, nel corso di una notte di sonno, appaiono 4 o 5 fasi di sogno (circa 100 minuti, cioè il 20% della durata totale del sonno)” (19).
Si ha dunque un andamento ritmico analogo a quello respiratorio: durante il sonno, l’Io e il corpo astrale “espirano” il corpo eterico; durante il sogno, lo “inspirano”.
A detta di Alfred Maury, il sogno sarebbe piuttosto “un fenomeno episodico o aleatorio che sopraggiungerebbe quando il sonno è più leggero, sia nel corso dell’addormentamento (immagini “ipnagogiche”), sia sotto l’influsso di stimoli esterni (rumore) o interni (dolore), sia infine prima del risveglio (immagini “ipnopompiche”)” (20).
Secondo Steiner, invece, le principali cause del sogno sono quattro: 1) stimoli provenienti dal mondo interno (organico); 2) stimoli provenienti dal mondo esterno (ambientale); 3) stimoli provenienti dal mondo dei ricordi (della vita attuale, della vita prenatale o delle vite terrene precedenti); 4) stimoli provenienti dal mondo spirituale.
(Si deve tenere anche conto, afferma, che “dell’intero mondo dei sogni non si deve dire che esiste solo in quanto si sa che durante la notte si sogna o si ha sognato. Noi sogniamo infatti continuamente [nella sfera mediana del sentire]. Ciò che si intende per sognare effettivo, avviene nei momenti in cui ci si sofferma a osservare lo scorrere incessante del sogno. Ma in realtà si sogna sempre, senza interruzione” [21].)
Riguardo agli stimoli provenienti dal mondo interno (organico), Steiner fa l’esempio di un accelerazione del battito cardiaco che può presentarsi, nel sogno, in forma di una stufa che si surriscalda. Riguardo a quelli provenienti invece dal mondo esterno (ambientale), Oswald così racconta: “I ricercatori di Chicago si avvalsero a questo scopo di luci, note musicali e persino spruzzi d’acqua. Poco dopo aver applicato lo stimolo svegliavano il sognatore, per mezzo di un campanello, e gli chiedevano cosa avesse sognato. Il più delle volte furono in grado di riconoscere un rapporto fra contenuto del sogno e stimolo esterno. Questo era particolarmente vero per lo spruzzo d’acqua, responsabile dell’apparizione di un improvviso acquazzone nel sogno! A volte anche il campanello che provocava il risveglio veniva incorporato nel sogno, come lo squillo di un telefono per esempio. Una volta un soggetto sognò di essere in una casa e di sentire suonare alla porta. Gli chiesero di andare ad aprire. Esitò e si avviò quando sentì suonare ancora. Infatti lo sperimentatore aveva fatto scivolare il dito sul campanello facendolo suonare inavvertitamente due volte” (22).
Sta ovviamente alla perizia, alla sagacia e all’arte dell’interprete capire, di volta in volta, quale sia l’origine del sogno che gli viene riferito. Va comunque considerato, in specie nel caso degli stimoli esterni, che soggetti diversi, sollecitati da uno stesso stimolo, possono produrre sogni diversi. In questi casi, il sogno non fa che prendere spunto dallo stimolo per inviare al sognatore un qualche messaggio. Nel caso degli stimoli provenienti dal mondo dei ricordi, occorre invece distinguere i ricordi di cui il sogno si compone dal modo in cui questi si trovano, per così dire, “assemblati” o “montati” nella trama onirica.
Che cosa intendiamo dire con questo? Che i sogni, nella maggior parte dei casi, ci inviano dei messaggi, ma che questi messaggi sono di rado espliciti (non “criptati”), giacché si rivestono in genere di forme tratte dal bagaglio della nostra ordinaria memoria.