Homo videns

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Nel nostro Intelletto d’amore (20 giugno 2004), si legge: “Ogni cosa nasce dallo spirito. Da questo punto di vista, le forze ostacolatrici sono impotenti: non possono creare; possono unicamente afferrare il creato e volgerlo, in forma di negazione, contro le forze creatrici”.
Ci sono tornate alla mente queste parole leggendo Homo videns, un libro del noto politologo Giovanni Sartori (1924-2017).
La sua tesi di fondo “è che il video sta trasformando l’homo sapiens prodotto dalla cultura scritta in un homo videns nel quale la parola è spodestata dall’immagine […] Tutto il sapere dell’homo sapiens si sviluppa nella sfera di un mundus intelligibilis (di concetti, di concepimenti mentali) che non è in alcun modo il mundus sensibilis, il mondo percepito dai nostri sensi. E il punto è questo: che la televisione inverte il progredire dal sensibile all’intelligibile e lo rovescia nell’ictu oculi, in un ritorno al puro e semplice vedere. La televisione produce immagini e cancella i concetti; ma così atrofizza la nostra capacità astraente e con essa tutta la nostra capacità di capire” (1).
Chi conosce la scienza dello spirito sa però che la coscienza umana è passata dall’immaginazione sognante e involontaria (mitica) al concetto (all’astrazione), per poter poi progredire dal concetto all’immaginazione vigile e volontaria dell’Io (alla coscienza e autocoscienza immaginative).
(Steiner: “A un certo punto, nell’evoluzione dell’umanità, fu necessario arrivare al pensiero puro, ricco solo di pensieri. Normalmente, e nei tempi più antichi sempre, il pensiero umano, come l’ho descritto ieri, è ricco d’immagini. Pensatori come Fichte, Schelling e Hegel ebbero solo pensieri puri, privi di immagini (…) A che scopo si è sviluppato nell’evoluzione storica moderna un simile pensiero astratto? E’ comparso a causa di uno sforzo che gli uomini dovevano fare a un certo punto. Occorre un grande sforzo interiore per sollevarsi ad esempio a un’astrazione simile nell’accezione di Fichte, per far proprie con energia simili astrazioni di cui la persona gretta, dotata di senso della realtà, dice che non approdano a nulla dato che sono prive del tutto di esperienza. Ed è proprio così. Eppure a un certo punto bisognava arrivare a quelle astrazioni. Il primo passo andava fatto nella loro direzione. Appena però l’intima forza propulsiva della vita dell’anima procede un po’ oltre tali astrazioni, si entra nella vita spirituale. L’unico percorso sano della mistica moderna passa attraverso il pensiero energico. Allo scopo bisogna prima conquistarlo. Il passo successivo sarà di andare oltre il pensiero energico per giungere alla vera esperienza dello spirito” [2].)
Non potendo creare, che cosa fanno allora le forze ostacolatrici (in specie Arimane)? Approfittando dell’insipienza materialistica degli esseri umani, scimmiottano il moderno impulso evolutivo (michaelita), surrogandolo con una forza che anziché liberare il pensiero dai sensi lo vincola vieppiù a essi, tanto da arrivare ad “atrofizzare” la sua “energica” capacità di astrazione (il diavolo, nel medioevo, era detto la “scimmia di Dio”).
Sartori lamenta tale “atrofia”, ma non è in grado di indicare una via che possa porvi rimedio, giacché non sa cogliere la verità che si cela nell’errore (la luce “che risplende fra le tenebre”).
Ignora infatti, da intellettuale nominalista, che si può arrestare e invertire il moto regressivo che porta dall’homo sapiens all’homo videns con gli occhi del corpo, andando al di là non del “concetto astratto”, ma della “coscienza astratta del concetto” (3) per mezzo, in primo luogo, della coscienza immaginativa dell’homo videns con gli occhi dello spirito: trasformando cioè, in modo libero, lucido e attivo l’ordinario pensiero astratto in un pensiero vivente o, in senso goethiano, “veggente”.
Se assente è una proposta di terapia, di buon senso e talvolta acute sono invece alcune sue diagnosi.
Ad esempio, questa: dopo aver distinto la televisione che “ci fa vedere un reale che ci tocca davvero” dal cybermondo che ci fa “vedere immagini immaginarie” [sempre però, aggiungiamo, con gli occhi fisici] (4), così osserva: “Il video-bambino di oggi, della prima ondata [quella televisiva], si limita a dispiegare un cervello logicamente e razionalmente atrofizzato; quello multimedializzato di domani, della seconda ondata, sarà anche, allora, un io disintegrato, un io “decostruito” che andrà a popolare le cliniche psichiatriche […] La mia previsione è che il mondo multimediale sarà popolato da un io virtuale disfatto in personalità multiple, e quindi dal perfetto e compiuto “io nevrotico” (5).
Si rifletta bene, al riguardo, su quest’affermazione di Steiner: “Per Arimane la cosa sta in questi termini: se gli riesce di sottrarre il pensare dalla sua base connessa al cervello in quanto pensare fisico, con tale pensare Arimane crea nel mondo fisico ombre e schemi che poi compenetrano il mondo fisico” (corsivo nostro) (6).
Questo che cosa significa? Significa che il realismo, basato sulla naturale (fisica) percezione visiva tridimensionale è sano o fisiologico, mentre il digitale e il virtuale, basati sull’artificiale (fisica) percezione visiva bidimensionale (su “ombre e schemi”) sono insani o patologici.
Le ordinarie e bidimensionali rappresentazioni, nonché le immagini mnemoniche e oniriche, non si vedono infatti con gli occhi fisici. Con questi si possono vedere, è vero, le immagini pittoriche, ma una cosa è la bidimensionalità artistica (dei dipinti o delle icone), rivelante il sovrasensibile che la sovrintende (7), tutt’altra quella artificiale (dei monitor o degli schermi), occultante il subsensibile che la sottende (8).

P.S.
Nel nostro Il cervello, la mente e l’anima (12 dicembre 2001), si legge: “Quel che più preoccupa, comunque, è che quanto si sta oggi verificando in campo scientifico finisce con l’infirmare, caotizzare o disgregare pian piano l’intelletto (“il ben dell’intelletto”). Scrive Rifkin: “Sociologi e psicologi come Sherry Turkle e Robert J.Lifton stanno già osservando un cambiamento nel tipo di consapevolezza che si trova nella prima generazione di ragazzi cresciuti nell’era dei computer: essi si discostano dall’antica nozione di un “sé ben definito” e si avvicinano a un nuovo concetto di “sé multiplo””. Rifkin però non si chiede (e come potrebbe?) se tale nuovo “sé multiplo” costituisca, rispetto al vecchio “sé ben definito” (all’ego), un progresso o un regresso: se abbia a che fare, cioè, con il “Sé spirituale” di cui parla Steiner o con quel fenomeno patologico (nevrotico o psicotico) detto “dissociazione della personalità””.

Note:

01) G.Sartori: Homo videns – Laterza, Roma-Bari 2007, pp. XV e 22-23;
02) R.Steiner: La questione sociale: un problema di consapevolezza – Antroposofica, Milano 1992, pp. 90-91;
03) cfr. R.Steiner: I gradi della conoscenza superiore in Sulla via dell’iniziazione – Antroposofica, Milano 1977. Per Aristotele, Socrate è lo “scopritore del concetto”, ossia colui che dà per l’appunto alla luce non “il concetto”, bensì “la coscienza del concetto”;
04) G.Sartori: op. cit., p. 35;
05) ibid., p. 145;
06) R.Steiner: I segreti della soglia – Antroposofica, Milano 1990, p. 32;
07) “L’icona – scrive Pavel Florenskij – è la reminiscenza d’un archetipo celeste” (P.Florenskij: Le porte regali. Saggio sull’icona – Adelphi, Milano 1977, p. 87);
08) “Da questo si può capire che la sana coscienza abituale è la premessa necessaria per la coscienza veggente. Chi crede di poter sviluppare una coscienza veggente senza la sana e attiva coscienza abituale si sbaglia davvero molto. La normale coscienza abituale deve persino accompagnare la coscienza veggente in ogni istante, perché altrimenti quest’ultima porterebbe disordine nell’autocoscienza umana, e quindi nel rapporto dell’uomo con la realtà” (R.Steiner: Enigmi dell’anima – Antroposofica, Milano 1987, p. 109).

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Di Lucio Russo
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